Come Coach e come persona che lavora molto con gli studenti trovo che l’opera di Rodari, intesa sia come opera scritta che come agire professionale, abbia molto da insegnarmi.
Le filastrocche che scrive per celebrare l’inizio dell’anno mi sembrano particolarmente degne di attenzione perché il rimando è sempre a quello che sarà e a chi agirà per dar forma a quel futuro (atteso, desiderato, voluto, sperato… fate voi). Anche quando parla dell’anno che finisce il riferimento al passato è soltanto per proiettare nel futuro. Ci sono possibilità e strade ampie, persone che con l’entusiasmo e la fatica creano il futuro.
E alla fine mi pare si parli non soltanto di anni ma di ogni volta che si inizia, o si ricomincia, qualcosa. Ma questa è soltanto la mia idea.
Filastrocca di Capodanno
Filastrocca di Capodanno,
fammi gli auguri per tutto l’anno.
Voglio un gennaio col sole d’aprile,
un luglio fresco, un marzo gentile,
voglio un giorno senza sera,
voglio un mare senza bufera,
voglio un pane sempre fresco,
sul cipresso sempre fresco,
che siano amici il gatto e il cane,
che diano latte le fontane.
Se voglio troppo dammi niente,
dammi una faccia allegra solamente.
L’anno nuovo
Indovinami, indovino,
tu che leggi nel destino:
l’anno nuovo come sarà?
Bello, brutto o metà e metà?
Trovo stampato nei miei libroni
che avrà di certo quattro stagioni,
dodici mesi, ciascuno al suo posto,
un carnevale e un ferragosto,
e il giorno dopo il lunedì
sarà sempre un martedì.
Di più per ora scritto non trovo
nel destino dell’anno nuovo:
per il resto anche quest’anno
sarà come gli uomini lo faranno.
O anno nuovo
O anno nuovo, che vieni a cambiare
il calendario sulla parete,
ci porti sorprese dolci o amare?
Vecchie pene o novità liete?
Dodici mesi vi ho portati,
nuovi di fabbrica, ancora imballati;
trecento e passa giorni ho qui,
per ogni domenica il suo lunedì;
controllate, per favore:
ogni giorno ha ventiquattr’ore.
Saranno tutte ore serene
se voi saprete usarle bene.
Vi porto la neve: sarà un bel gioco
se ognuno avrà la sua parte di fuoco.
Saranno una festa le quattro stagioni
se ognuno avrà la sua parte di doni.
L’anno passato
Io l’ho bell’e dimenticato
I’anno passato:
morto e sotterrato
È rimasto un foglietto
Sul calendario appeso alla parete,
e pare quando al cine
l’ultimo quadro ancora non si cancella
ma già in fondo alla storia più bella
viene fuori la parola “fine”.
Meglio mi trovo
con I’anno nuovo,
tutto lustro e gaio
come un paio di scarpe appena uscite
dalla vetrina del calzolaio
Le scarpe del nuovo anno…
Dove mi porteranno?
No, no, niente domande:
c’e una strada soltanto, aperta, grande,
e va avanti!