Una sera, era qualche tempo prima che mi licenziassi e mi mettessi seriamente a pensare cosa fare di quanto appreso nel corso di questi anni, dopo essersi lavato i denti prima di andare a letto mio figlio venne a darmi la buona notte e mi chiese cosa stessi facendo seduto al computer. Aveva circa sei anni e mezzo ed eravamo pochi giorni prima che finisse la prima elementare.
Gli risposi che stavo sistemando il mio curriculum per spedirlo via mail e portarlo in giro e che era l’elenco di tutto quello che sapevo fare e di tutto quello che avevo studiato e che lo avrei usato per cercare un lavoro.
Mi chiese di fare il suo e rimandammo la cosa alla prima occasione buona che si presentò il fine settimana successivo.
Il CV per…
Anche se può sembrare altrimenti io non sono un fanatico del curriculum. Mi piace come strumento di riflessione e come accompagnatore dei candidati, un luogo visivo nel quale si può trovare cosa è stato fatto e come si è speso il proprio tempo. Se però, come spesso accade, deve essere soltanto uno spazio che “deve essere riempito adeguatamente” (per attrarre chi ci deve valutare e soltanto in prossimità di quelle valutazioni deve essere tirato fuori e rispolverato e sistemato) si riduce a una ben misera cosa.
Insomma quando mio figlio si è seduto accanto a me al computer e abbiamo aperto il file del CV Europeo, quello brutto di cui parlo nel post Un curriculum vitae semplificato, mi è passata per la testa la difficoltà con cui vedo spesso le persone cercare di mettere qualche frase in quegli spazi. Abbiamo finito parlando di cosa avrebbe voluto fare da grande.
Il risultato è stato questo:
La cosa più importante è stata che lui si è divertito a farlo “anche se mi diverto di più quando si gioca” e che nell’ora che siamo stati li non ha mai sbuffato o chiesto di andare in bagno o si è messo a giocherellare con le cose che sono sopra la scrivania. È rimasto li in maniera attenta a quello che doveva (il verbo dovere è una forzatura) fare e a correggere se sbagliava qualcosa.
Quando, affascinato dal gesto tecnico, mi ha chiesto “come fai a scrivere così veloce?” mi son fatto da parte e ho fatto scrivere lui spiegando, quando serviva, come si fanno le lettere maiuscole e come si fa ad andare di sotto e aspettando che trovasse le lettere e i numeri. Quanto ci mette la tastiera QUERTY a entrare nella testa e a diventare automatica?
Quando abbiamo finito ci siamo dati appuntamento all’anno successivo “ma se ne hai voglia si fa anche prima” gli ho detto. Anche se è possibile che diventerà dopo.
Il mio ruolo
Il mio ruolo è stato quello di sollecitarlo con domande e tranquillizzarlo dicendo qualche corbelleria nei momenti in cui le lunghe riflessioni si trasformavano da necessarie a frustranti per lui (cambiava sguardo e mi guardava come ad aspettare qualcosa). Ho messo mano qualche volta al mouse per collocare il puntatore nel giusto spazio.
Ho spiegato cosa dovevamo mettere in ogni punto, quando rispondeva convinto – dopo quelle spiegazioni – che non aveva nulla da mettere in un determinato punto sollecitavo a cancellare l’intera riga con la richiesta fatta dal CV. Poi ho lasciato fare a lui. Ho corretto qualche errore grammaticale, pochi.
Ha compilato la parte informativa e poi tutto il resto abbastanza velocemente.
Inglese non lo ha messo tra le materie di studio per dimenticanza (non è una delle sue materie preferite) e comunque è stato molto aderente alla realtà quanto si è attribuito un punteggio in decimi rispetto a Lettura / Scrittura / Espressione orale. Forse un po’ più basso della realtà ma è genetica.
Molto interessante è stata la compilazione di quella che spesso è la parte più impegnativa e dove la maggior parte delle persone si perde. Le varie forme di competenza le ho dovute spiegare bene, come faccio con i ragazzi, e ho dovuto fare molte domande, come faccio con i ragazzi, ma qui gli esiti sono stati molto soddisfacenti soprattutto per lui.
Conclusioni
Mi è parsa un’attività importante perché, quando mettiamo ragazzi molto giovani a compilarlo, spesso lo sconforto di non avere nulla da mettere si manifesta con sciattezza e rifiuto, rassegnazione e bugie.
Allora accompagnarli finché ce lo permettono anche nella mera compilazione di questi pezzi di carta, che poi soltanto quello non è perché in quel tempo si parla di tante cose, far diventare questo periodo un piccolo momento atteso da entrambi; potrebbe servire a far percepire loro una tipologia di pienezza che magari, più avanti nella loro vita, avrà un significato più preciso e a loro chiaro (che non è la ricerca di lavoro o il volersi mostrare a qualcuno come operatore di qualcosa), essere portatori di pezzi di sé messi insieme nel tempo (quanto sono pedagogico a tratti).