Questa è la parte 5 di 5 degli Appunti di Orientamento
IN DEFINITIVA: ORIENTARSI
Abbiamo visto chi è che scrive il libro, in quale contesto complesso e fittamente caotico prende senso la storia scritta e abbiamo accennato a quale, e perché, potrebbe essere una possibile e privilegiata via di intervento orientativo.
Proviamo a mettere tutto insieme.
Che differenza c’è nel dire ad una persona: “…non ha capito quello che volevo dire…”, “…forse non mi sono spiegato bene…” e “…forse non ci siamo capiti…”?
Semplificando ancora di più: riusciamo a capire quanto è importante per una persona riuscire a muoversi tra queste dinamiche? Riusciamo ad estendere questo piccolo esempio ad altre situazioni della vita quotidiana?
Tutte e tre quelle persone trasmettono lo stesso messaggio esplicito, una comunicazione che non ha raggiunto il suo scopo, ma ciascuna lascia emergere una situazione diversa, un diverso modo di intendere il dialogo. Una diversa conncezione di sé.
Quello che c’interessa non è correggere, qualora ve ne fosse bisogno, queste persone ma accompagnarli in un viaggio alla scoperta di un filo rosso personale.
Orientare secondo il metodo narrativo vuol dire scoprirsi, riuscire ad individuare quelle dinamiche, anche quelle che non riescono a emergere facilmente, e che come in un viaggio a tappe mi hanno portato ad essere quello che sono, a pensare quello che penso, a fare quello che faccio.
In definitiva quello che diventa davvero importante è la comprensione e l’accessibilità alla propria identità.
Il buio, solitamente, rappresenta l’ignoto e la paura. Nella vita quotidiana, come abbiamo detto, è il futuro a recitare questa parte.
In alcuni lavori con gli adulti, svolti da chi scrive e nei quali sorgevano insoddisfazioni forti verso il proprio lavoro, veniva chiesto loro in maniera provocatoria perché non ne cercassero un altro.
La risposta era sempre del tipo: “Con i tempi che corrono? Ricominciare da capo?”.
Il paradigma narrativo include anche il concetto di nascita, d’individuazione di un nuovo inizio che è sempre possibile e che è facilitato nel momento in cui “conosco me stesso” e ho voglia di conoscere altre cose di me, è la capacità di dare il giusto peso alle mie aspirazioni ed ai miei bisogni.
Non è forse lo stesso principio che è alla base dei rapporti amorosi felici?
È più o meno la stessa sensazione che si ha quando per caso si scopre qualcosa di piacevolmente bello nella persona che abbiamo accanto da anni e ci scopriamo, ancora di più, innamorati.
Ma anche, al negativo, non ci spaventa scoprire aspetti dell’altro che non ci piacciono e utilizzarli come base per una rinegoziazione, in senso buono, del rapporto.
DA SOLI O IN COMPAGNIA
L’orientamento, processo spesso concepito come relazione a due conosce, tramite le modalità narrative, un interesse verso le dimensioni di gruppo riuscendo così in un’operazione di contrazione di tempi e costi senza perdere in efficacia, anzi ricevendone un impulso maggiore.
Poi c’è il confronto, l’ascolto delle narrazioni altrui, la scoperta delle narrazioni degli altri su noi, la costruzione collettiva di narrazioni.
Perché è così importante l’aspetto collettivo?
Perché consente di metterci reciprocamente in crisi, di sfidare l’immagine sicura che ciascuno ha di sé, di entrare in relazione con gli altri e di confrontare le modalità attraverso cui si costruiscono le storie.
Si coinvolge anche il fondamentale aspetto emotivo senza il quale, come dimostrano ampiamente tutta una serie di ricerche, non possono essere reali modificazioni dei comportamenti, delle strategie di vita e dell’apprendimento.
CHI MI ASCOLTA?
A questa domanda bisogna dare due risposte, o meglio intenderla come una doppia istanza. Da una parte richiesta di aiuto, di sostegno, dall’altra vuole sapere chi è la persona che lo accompagna in questo cammino.
Mentre la prima ci sembra che non richieda approfondimenti, andiamo a rispondere all’altra.
L’ILLUSTRE SCONOSCIUTO
Ci troviamo a lavorare portandoci dietro due livelli di ascolto professionale, uno autodiretto che richiede un lavoro introspettivo di studio dei propri iter teorici e soprattutto di attori protagonisti, l’altro eterodiretto che presume capacità relazionali e di ascolto che fanno assumere alla conoscenza la struttura di connessioni tra conoscenze così che le riflessioni personali sulle proprie pratiche diventino nodo del reticolo – o meglio uno dei possibili nodi – e possibilità.
…e qui questi appunti si interrompono