Questa è la parte 3 di 5 degli Appunti di Orientamento
RACCONTAMI CHI SEI…
Il racconto comincia con la nascita stessa dell’umanità.
Il racconto è presente in ogni tempo ed in ogni luogo, nelle forme più varie, nessuna società si è sviluppata senza portarsi dietro una quantità innumerevole di narrazioni, di miti e storie che hanno contribuito in maniera potente alla costruzione delle sue fondamenta.
Ma questo non è un libro di letteratura né di antropologia, è un libro dove si parla di storie di vita, dove viene dato valore alle storie di ciascuno e al senso che da queste è prodotto.
Questo in quanto la narrazione, come attività orale o sotto forma di segni, da sempre è stato utilizzato per rendere persistenti nel tempo le nostre esperienze, ma anche come modo per rendersi cosciente dei propri cambiamenti, come una tappa fondamentale per riflettere intorno a sé stesso, al proprio vissuto e al personale, atteso o forse soltanto sperato, futuro.
QUELLA VOLTA CHE NOI…
…la vita consiste in proposizioni sulla vita…
Stevens Wallace
Quello a cui guardavamo con una certa titubanza, ma anche con un grande rispetto e consapevoli del nostro debito, erano quelle metodologie dell’orientamento che troppo spesso non centravano la loro attenzione sulla specificità degli individui.
Certamente queste mantenevano l’obiettivo di dare potere al soggetto ma, spesso, si limitavano ad una prospettiva informativa o in una riassuntiva ricerca di attitudini e motivazioni.
Non pensavamo di negare la capacità di certi strumenti, investigativi o metodologici, ma ci ponevamo la domanda di come tali strumenti potessero essere sempre e comunque adeguati alle situazioni nelle quali vengono applicati.
Questo perché pensando di produrre dati oggettivi, sempre validi, riescono a fornire, spesso, generalizzazioni significative a livello di statistiche ma meno ricche di significati per i singoli soggetti. Chi si ricorda della storia del signore che si mangia entrambi i polli ordinati con l’amico e per la statistica risultava un’equa divisione?
Sarebbe come utilizzare, per dipingere le sfumature del rosso, sempre lo stesso colore: otterrei una sola striscia di una sola tonalità. Anche se più impegnativo sarebbe meglio sfumarlo e mischiarlo con altri colori per tentare di rimanere più vicino possibile alla realtà.
Sentivamo che non era sufficiente proprio per la limitatezza e le caratteristiche intrinseche dell’informazione: da una parte granitica per l’implicito, apparente, alone di verità e dall’altro impalpabile proprio per il mondo che la circonda, per le distorsioni che subisce.
Ugualmente per quanto riguarda le attitudini e le motivazioni che ritenevamo utili per il momento specifico ma poi, proprio per la stessa mobilità del contesto nel quale si devono inserire, da considerare come un qualcosa sul quale riflettere.
EMERGENZA EMERGENZE
Avviene allora qualcosa. Si evidenziano dei momenti importanti per l’individuo e per il mondo. C’è il bisogno di aiutare il soggetto ad essere attore protagonista della società, di non lasciarlo in balia del flusso e degli imprevisti.
Emergenze come necessità di mettere in atto un qualche cosa per rispondere alle richieste impellenti che ci vengono poste, come evento – o persona, o idea – che emerge e si situa in maniera visibile rispetto al resto ma anche che si pone nella condizione di osservare da un altro livello quanto non è emerso.
Questo suo emergere però deve necessariamente fuggire da personalismi autocelebrativi, non c’è bisogno di persone con manie di grandezza.
Il detto popolare chi fa da sé fa per tre sarà vero quando si tratta di piccoli lavori domestici, certamente non quando si tratta di vivere.
La percezione di persona che osserva e agisce – che emerge – in un contesto è possibile esclusivamente come confronto, come riconoscimento e valorizzazione dell’altro, come consapevolezza del momento comune che ci comprende.
In più abbiamo parlato di emergenze, al plurale, in modo da non lasciar dubbi sulla molteplicità di bisogni a cui c’è da dare risposta ma anche alla varietà di risposte che ad ogni problema si possono dare.
Quindi è evidente come esista anche l’esigenza di non rendere un’emergenza un qualcosa alla quale dare soluzioni precostruite e affrettate, un qualcosa, invece, che trovi risposta nella riflessione e nella conoscenza comunicata e messa in relazione con quella degli altri.
ESPERTI DI VITA?
Un esperto è un uomo che ha smesso di pensare. Perché dovrebbe pensare? È un esperto.
Frank Lloyd Wright
La nostra condizione, quello che ci succede intorno non ci permette né di scappare né di essere disattenti.
Non si tratta di stare sempre sul chi vive, sarebbe insopportabile e opprimente, è che bisogna occuparsi di noi ricercando la massima lucidità e coscienza in quanto quello che prima ci appariva lineare adesso non lo è più.
Sempre più ci ritroviamo intimoriti dall’impegno di mettere in pratica un progetto di vita che sia realmente ricco di significato.
Ogni luogo è pieno di persone esperte; tutti noi ci sentiamo esperti in qualcosa e spesso ci entusiasmiamo per alcune delle opportunità che ci vengono offerte anche se molte volte, dopo grandi slanci e grandi riflessioni, ci ritroviamo ad essere soltanto spettatori attendisti.
Aspettiamo il momento giusto, la grande occasione, il giusto compagno di viaggio e ci lasciamo cogliere dal tedio e dalla frustrazione.
Sorgono allora le domande che logorano, gli interrogativi del tipo ma se avessi fatto…, ma se avessi scelto…, accidenti a quando ho dato ascolto…
PERCHÉ RACCONTARE?
Di una cosa eravamo certi: il compito dell’orientamento doveva continuare ad essere quello di dare potere alle persone, di continuare anche quella parte d’informazione e individuazione delle attitudini e motivazioni ma doveva, per rendere significativo l’intervento, consentire ai soggetti di progettare il proprio divenire, riflettere sulla propria identità e costruire significati.
Un breve inciso: quando parliamo di dare potere alle persone non intendiamo parlare di potere personale, di potere politico o sulle altre persone ma di potere su sé stessi, sulla propria vita.
Non potevamo limitarci a pesare e spiegare, avremmo assistito ad una semplice misurazione perdendo di vista le storie di quelle persone, addirittura in certi casi mettendoci in contrapposizione ad esse.
Non c’interessava la Storia con la esse maiuscola ma tutte quelle piccole storie che raccontano la loro particolarità, che sono una costellazione di saperi, di visioni del mondo che vengono ogni giorno messe in discussione e contribuiscono a costruire l’universo ognuna secondo il proprio punto di vista, ognuna scritta in modo da dare, a chi ne è portatore, il senso della propria vita, del suo essere individualità sociale.
Pensammo quindi di appropriarci di riflessioni già abbondantemente prese in considerazione e sviluppate in altri ambiti dei saperi letterari, filosofici e sociali e trasferirli nel mondo dell’orientamento.
La narrazione è stato il nostro punto d’arrivo, la capacità che ha di costruire significati e non di spiegarli. Questa affermazione può lasciare interdetti, lasciamola in sospeso e proviamo a pensare in che modo cerchiamo di comprendere ciò che accade.
Lasciando da parte il fatalismo tendiamo a ricercare il senso degli accadimenti inserendoli in una narrazione personale. Ripercorrendo la nostra storia ci rendiamo conto di come questa assuma un valore unico ma non immodificabile, di come la piccola cosa che mi è successa oggi riesca a trovare spazio nella mia vita armonizzandosi con gli altri momenti, me la giustifico e, se è abbastanza importante, cambia il mio passato, il racconto del mio passato.
Ma comunque sia la storia non è mai conclusa; quando ci raccontiamo non facciamo una semplice cronistoria della nostra esistenza ma è spontanea l’analisi, mettiamo in moto dei processi di riflessione su noi stessi che si muovono tra passato, presente e futuro e nei quali prendono voce le nostre aspettative, gli intoppi e le prove.
Del resto non è forse prima di tutto con il nostro raccontarci storie, come abbiamo detto precedentemente, che costruiamo una visione organica sul nostro essere al mondo? Non è con le storie che giustifichiamo il nostro agire ed il nostro pensare?
Ci viene quindi naturale riflettere su come le esperienze che ciascuno ha e le vite di ognuno ci facciano depositari di storie e “verità” differenti e quindi: quale può essere un orientamento che risponda con specificità assoluta a storie tanto particolari ed esclusive?
Le cose che sono scritte qui sotto sono appunti buttati giù qualche anno fa. Devono essere presi come tali quindi pieni di refusi, sbaffature, imprecisioni, contraddizioni. Ripeto che sono cose buttate giù così.