Se fate il lavoro di consulente di orientamento, o di Coach, questo libro dovreste leggerlo per molti motivi e non tutti di ordine letterario.
Certo è scritto bene e scorre via che è una bellezza ma è interessante perché il signor Jensen è un anti-eroe che rappresenta tutto quello che mette in difficoltà chi fa il nostro lavoro.
Per certi versi Jensen è il portatore di quelle idee che noi vorremmo non nascessero nella testa delle persone e che invece, così frequentemente, nascono perfino nella nostra testa. Pensieri che vanno tutti nella direzione della critica ma mai portano all’azione, o meglio, mai portano a compiere azioni che possano mettere in crisi le nostre certezze.
È una storia in cui scopriamo come, non scegliendo e non prendendo decisioni, la nostra vita si piega e diventa noiosa e piatta governata dal caso o da altri che scelgono al posto nostro. Ma è anche la storia di come Jensen riesca a muoversi comunque all’interno delle contraddizioni della nostra epoca alla ricerca di una quiete personale che confina con l’abbandono.
Cosa dovrei fare se mi capitasse un cliente come il signor Jensen?
Come al solito la lettera che aveva in mano non era per lui. Il signor Jensen fece strisciare la busta sugli sportelli delle cassette della posta appena al di sotto delle fessure, in maniera tale da piegarne il terzo anteriore contro le scatole metalliche. Negli spazi tra una cassetta e l’altra c’era un piccolo dislivello e l’indirizzo del destinatario sembrava danzargli leggero davanti agli occhi. Intanto il signor Jensen mormorava incessantemente fra sé e sé il nome sulla busta in tono quasi impercettibile. Quando finalmente nome del destinatario e nome sulla cassetta coincisero, il signor Jensen mormorò un po’ più forte. “Meyer, Meyer, Meyer, Meyer… MEYER!”. Allora spinse la lettera nella fessura della cassetta e prese in mano la lettera successiva. Era il suo sistema, il sistema Jensen.
Il signor Jensen consegnava la posta nello stesso quartiere da più di dieci anni. Nei giorni in cui nelle cassette per le lettere distribuiva cataloghi pubblicitari, pensava sempre che di regola la gente mettesse più cura nella scelta della lavatrice di quanta ne avesse messa lui nella scelta del suo lavoro. Quando i suoi compagni di scuola si erano messi a parlare di cosa volevano fare da grandi, i calciatori professionisti, le rockstar o gli ingegneri robotici, esaminando con piglio serio le diverse occasioni e opportunità, si poteva anche non giocare in serie A, avevano bisogno di gente anche in B, in quei casi il signor Jensen non aveva mai potuto unirsi a loro. Non c’era niente che sognasse di fare da grande. Era andato a scuola tutti i giorni perché era obbligatorio, con il vago presentimento che sarebbe stato così per sempre.
Jakob Hein, Il signor Jensen getta la spugna, Edizioni E/O, novembre 2007, 8876418113