La narrazione autobiografica, come attività orale o scritta, è da sempre presente nelle vicende dell’umanità e da sempre è stato utilizzato per rendere persistenti nel tempo le nostre esperienze, ma anche come modo per rendersi cosciente del proprio cambiamento, come una tappa fondamentale per riflettere intorno a se stesso, al proprio vissuto e al personale, atteso o forse soltanto sperato, futuro. Osservando quello che abbiamo intorno: i bambini che si raccontano quello che stanno facendo per trasformare queste narrazioni in apprendimenti.
È importante notare come le autobiografie, o le biografie (Omero che racconta una storia di enorme valore sociale, oltre che letterario, mediando attraverso le storie di vita degli eroi i valori e i riferimenti culturali della sua gente per esempio), assumano un ruolo centrale in quelle società in cui l’uomo è il nucleo della vita e, per tornare ai greci, dove anche gli dei assumono caratteri umani e in mezzo agli uomini agiscono. La maggioranza degli scritti religiosi difatti sono mediate da storie di vita di persone, di dei incarnati nel corpo o nelle parole di altre persone o nelle esperienze dei vecchi o degli sciamani.
Lasciando le tradizioni di trasmissione orale, potremmo partire dai tempi dell’Oracolo di Delfi quando, sul timpano del tempio, era scritto “Conosci te stesso” come precetto essenziale, condizione indispensabile per consultare l’Oracolo. Questa norma sottostà a quella meno nota che ordinava di occuparsi di sé, di prendersi cura di sé e che, come dice Foucault1, aveva il compito di rendere operativa la prima.
Agostino e il ricordo
Con un salto storico è con S. Agostino e le Confessioni2 che le autobiografie assumono il loro ruolo di strumenti filosofici e di ricerca introspettiva, che prendono un carattere che potremmo definire “moderno”. È nel 10° libro che Agostino affronta il problema della memoria suggerito dai precedenti libri e stimola la riflessione, risolta in Deo Gratia, di come può essere accettata la verità nelle cose ricordate e come non farsi condizionare dalle seduzioni della realtà esterna.
Sempre Agostino scrive il De Magistro nel 389. E qui troviamo un altro interessante spunto che condizionerà, con vari cambiamenti, la pedagogia seguente e troverà amplia accoglienza nel metodo Autobiografico: il concetto di “maestro interiore” e di formazione come autoformazione oltre allo sviluppo del problema linguistico della corrispondenza tra parola e conoscenza delle cose.
Con un salto di oltre un millennio si deve notare come un altro grande impulso, ma bisogna fare attenzione, verrà dato dalla riforma protestante e dalle 95 tesi (1517) di Lutero nelle quali contrappone alle costrizioni del regno esteriore la libertà di quello interiore, libertà che si può manifestare come libero esame. È qui c’è la parte più rivoluzionaria: l’uomo deve essere libero di poter conoscere secondo la propria interpretazione quello che è raccontato nelle Scritture e quindi un libero esame del proprio rapporto con la divinità; non ci sono più mediatori che interpretano e poi avviano in una direzione, ma liberi camminatori che percepiscono ciascuno la propria strada e cercano di seguirla con le proprie gambe.
Sarà poi soltanto nell’età moderna che l’autobiografia assisterà alla sua laicizzazione svincolandosi dalle implicazioni teologiche a cui l’aveva sottoposta Agostino e acquistando soltanto, come se fosse poco, il carattere di riflessione su se stesso nel mondo e di se stesso come essere che nasce, in senso intellettuale, dalle esperienze.
Centralità al soggetto
Rousseau scriverà le sue Confessioni3 (1780) rifacendosi al genere autobiografico e riaffermando la forza dell’io, il suo essere autonomo nei confronti dell’immagine che la società voleva dare di lui, ma sarà nell’Emilio4 che svilupperà i concetti dell’Autoformazione come conquista della propria umanità e arriverà a concludere che il bene dell’uomo può avvenire soltanto con l’emancipazione da quelli che sono i vincoli sociali.
Questo è di grande interesse in quanto riafferma una centralità del soggetto come fondamento della società e della cultura. Proprio su quell’autonomia si fonda la perdita di peso delle costrizioni a cui è sottomesso l’uomo.
Purtroppo più ci avviciniamo alla contemporaneità più l’essere umano comincia a perdere le caratteristiche di rilievo che aveva assunto nel passato e lascia il posto alle varie posizioni scientifiche e sociali che lo trasformano in una nucleare entità che assume senso soltanto in quadri concettuali che lo dirigono.
Si impadroniscono allora del centro della scena le scienze esatte e in particolar modo la fisica come indirizzo nel quale ricercare la verità, i regimi assolutistici e il capitalismo che danno valore alla persona soltanto in funzione di massa che tende unicamente verso una verità assoluta, collettiva e dove quell’individuo – inteso come lo fa Walt Whitman5 in tutta la sua opera poetica e non nell’accezione comune che traccia il parallelo tra individuo e individualismo – si annulla, si mercifica e diventa numero.
Usando una terminologia scacchistica si pensava all’uomo come inserito in una zugzwang6 ossia in una situazione dove le mosse sono forzate e nella quale il finale è scontato.
Questa lenta marcia verso la semplificazione ha però anche lati che potremo definire costruttivi, in quanto la fiducia nell’esattezza di certe formule, di certi punti di vista ha portato al contempo (reazione e resistenza) certi studiosi a ricercare tutte quelle sfaccettature del complesso mondo umano che si andavano perdendo nelle misurazioni (come Jimmy e Johnny).
Nei romanzi ottocenteschi troveremo la diffusione del concetto di formazione e di quel tipo di avvenimento che si concede come momento di riflessione in quanto storia di vita che è già avvenuta, che non è più e per questo si conforma come momento di riflessività e cambiamento.
Mi viene allora in mente Rimbaud che con un paradosso affermava che io è un altro e come questo si rifletta significativamente in una certa letteratura che trova nel Moby Dick7 di Melville, nel brusco e seducente “Chiamatemi Ishmael” e nell’altalena che l’io narrante fa tra forma diretta e quella indiretta, l’apertura dei cancelli di quell’ hortus conclusus che fino ad allora era stato l’io.
Crisi del soggetto
È nel nostro secolo che si fa avanti il concetto di crisi inteso come crisi del soggetto, crisi delle società, crisi dei saperi e la dove le risposte dell’economia, della fisica, della politica non danno soddisfazione emerge la necessità non di dipanare quella decadenza, non subito almeno, ma di viverla e farne storia, di “godersela” e farla diventare il punto di partenza di una nuova rivoluzione ideale.
La storia non nasce solamente dalle grandi imprese, non può essere solo “Historia Rerum Gestarum”, ma è soprattutto una “Historia Minimarum Historiarum”. Bisogna cominciare, come dice Ferrarotti, a riconoscere l’esistenza di una “…storia dal basso…” 8, bisogna cominciare a domandarci “…Tebe dalle Sette Porte, chi la costruì?/Ci sono i nomi dei re, dentro i libri./Sono stati i re a strascicarli, quei blocchi di pietra?…”9.
Storia di piccole storie che raccontano la loro particolarità, che sono una costellazione di saperi, di visioni del mondo che vengono ogni giorno messe in discussione e contribuiscono a costruire l’universo ognuna secondo il proprio punto di vista, ognuna scritta in modo da dare, a chi ne è portatore, il senso della sua vita, del suo essere individualità sociale.
Alfabetizzazione e rivendicazione
Potrebbe essere stato un pensiero di questo tipo a spingere Paulo Freire a creare in Brasile gruppi nei quali le esperienze di presa di coscienza e di alfabetizzazione insieme venivano utilizzate come metodi per produrre, attraverso la memoria collettiva, narrazioni e da qui manifesti di libertà e di rivendicazione. Queste esperienze porteranno, nel 1967, alla pubblicazione de La Pedagogia degli oppressi10 lettura fondamentale negli anni successivi, ed attuale tutt’oggi, per gli educatori e che trova contatto con quella Teologia della Liberazione che riscuote tanti consensi nel Sud del Mondo.
Le storie di vita furono utilizzate per la prima volta11, nelle esperienze di educazione degli adulti, in Francia e, sulla scia del Maggio e nell’incontro tra i movimenti studenteschi e quello operaio, inserite in esperienze di alfabetizzazione, e di contatto, questa volta degli immigrati magrebini.
È interessante notare come tanti di quei testi che l’educazione degli adulti del nostro paese (un certo tipo di educazione degli adulti) ha ritenuto fondamentali per la sua definizione, uno di questi è citato poco sopra, ma anche Marcuse e Goffman solo per richiamare i più noti, abbiano trovato stampa in Italia per la prima volta proprio negli anni caldi della contestazione. Ancora è importante appuntare che proprio in quegli anni cominciano a riprendere campo una serie di pubblicazioni che attraverso la divulgazione dei rapporti epistolari tra due personaggi, o anche con le lettere che un soggetto inviava a più persone, cercano di raccontarci una storia.
Chiuso questo breve inciso fu proprio dai testi nati nelle esperienze d’oltralpe che si formarono molti di quegli educatori degli adulti che in Italia riproposero lo studio delle biografie in campo sociale e che portarono e hanno portato recentemente a “inquinare” anche il sistema formativo del nostro paese con nuove istanze di qualità.
Largo utilizzo di questi metodi viene oggi fatto in campo sociale per analizzare quelle che sono le tematiche classiche di disagio, immigrazione, lavoro etc. ma i metodi Autobiografici trovano amplia applicazione in ambiti forse meno nobili ma più necessari a rispondere alle aspettative dell’attuale società.
1 Martin L.H., Gutman H., Hutton P.H., Tecnologia del Sé. Un seminario con M. Foucault, Bollati Boringhieri, Torino,1992
2 S.Agostino, Le confessioni, BUR, Milano, 2000
3 Rousseau J.J., Le Confessioni, BUR, Milano, 1988
4 Rousseau J.J., Emile, o dell’educazione, La Nuova Italia, Firenze, 1995
5 Whitman W., Foglie d’erba, Einaudi, Torino, 1993
6 Chicco A., Porreca G., Il libro completo degli scacchi, Mursia, Milano, 1959
7 Melville H., Moby Dick, Adelphi, Milano, 1994
8 Ferrarotti F., Storia e storie di vita, Laterza, Bari, 1981
9 Brecht B., Poesie, Einaudi, Torino, 1992
10 Freire P., Pedagogia degli oppressi, EGA, Torino, 2002
11 Demetrio D., Autocoscienze e trasformazioni in Alheit P., Bergamini S., Storie di vita: metodologie di ricerca per le scienze sociali, Guerini, Milano, 1996